Chi sono e quanti sono gli italiani a Parigi
La città di Parigi ospita una grande comunità di italiani. Con oltre 49.000 residenti, gli italiani sono la seconda comunità europea più rappresentata nell’area di Parigi. A questi, andrebbero sommati anche i 4.000 studenti italiani e le 700 aziende italiane con sede legale nella capitale transaplina.
Breve excursus storico sull’emigrazione italiana in Francia
L’emigrazione italiana in Francia parte dalle fine del XIX secolo, per muoversi poi seguendo cicli e ondate storici. La prima fase dell’immigrazione italiana nella Francia moderna può esser fatta risalire a un intervallo compreso tra il XVIII e l’inizio del XX secolo.
I primi migranti appartenevano per lo più all’Italia settentrionale, in particolare a Piemonte e Veneto, e a quella centrale (Marche e Umbria). La meta più ricercata era la Provenza, probabilmente per via della sua vicinanza ai confini nazionali.
Soltanto nel secondo dopoguerra il fenomeno migratorio verso la Francia si estese anche al sud dell’Italia, i cui migranti iniziarono a stabilirsi prevalentemente nelle aree industrializzate francesi, come la Lorena e le città di Parigi e Lione.
Gli Italiani in Francia oggi
L’AIRE riporta che il numero di italiani residenti in Francia al 31 Dicembre 2019 è pari a 434.085.
In questa tabella viene suddivisa per anzianità la quota degli italiani residenti in Francia, iscrittasi all’AIRE negli ultimi 15 anni:
1 anno: 2,8%
da 1 a 3 anni: 5,2%
da 3 a 5 anni: 5,7%
da 5 a 10 anni: 17,1%
da 10 a 15 anni: 15,0%
oltre 15 anni: 54,2%
Il punto della situazione dell’ultimo decennio
Nel 2019 la Francia ha accolto circa 14 mila italiani, seconda soltanto a Regno Unito e Germania. Nel corso del decennio 2009-2019, i flussi diretti verso i principali paesi europei sono aumentati considerevolmente. In Francia, nella fattispecie, il numero di italiani è più che raddoppiato, passando dai circa 200.000 ai 434.085 cittadini emigrati nel 2019.
Chi sono gli italiani che si trasferiscono in Francia
Nel 2019, gli italiani espatriati in Francia sono prevalentemente uomini (56%). Fino ai 25 anni, il contingente di emigrati ed emigrate presenta una distribuzione per età perfettamente sovrapponibile. A partire dai 26 anni fino alle età anziane, invece, gli emigrati iniziano a essere più numerosi delle emigrate: dai 75 anni in poi le due distribuzioni tornano a sovrapporsi.
L’età media degli emigrati è di 33 anni per gli uomini e 30 per le donne. Un emigrato su cinque ha meno di 20 anni, due su tre hanno un’età compresa tra i 20 e i 49 anni mentre la quota di ultracinquantenni è pari al 13%.
Considerando il livello di istruzione posseduto al momento della partenza, nel 2019 più della metà dei cittadini italiani che si sono trasferiti in Francia (53%) è in possesso di un titolo di studio medio-alto. Rispetto all’anno precedente, i diplomati e i laureati emigrati sono aumentati rispettivamente dell’1% e del 6%.
L’incremento è molto più deciso se si prende in considerazione una finestra temporale superiore: rispetto al lustro precedente, gli italiani trasferitisi in Francia con titolo di studio medio-alto sono aumentati del 45%.
Una nuova ondata migratoria: la ‘fuga dei cervelli’ e dei giovanissimi
L’Italia ha sempre sofferto una certa ‘fuga di cervelli’, ovvero l’emigrazione di persone colte e qualificate. Tuttavia, negli anni successivi alla crisi finanziaria del 2008, i giovani sono fuggiti dal paese a un ritmo allarmante.
Nel 2014, la migrazione netta era negativa; il numero di italiani emigrati ha superato il numero di stranieri immigrati nel Paese, con quasi 50.000 giovani italiani che hanno lasciato il Paese solo lo scorso anno. Ma il sentimento alla base di questa fuga sembra essere ancora più ampio di quanto suggerirebbero le statistiche sulla pura emigrazione; un sondaggio condotto lo scorso autunno ha rivelato che quasi i due terzi dei giovani italiani lascerebbero il proprio Paese se avessero i mezzi.
Sembra che una combinazione di fattori abbia portato la pazienza dei giovani a un punto di rottura. In larga parte, i motivi sono da ricercare in un perenne ritardo nel ricambio generazionale, in un Paese in cui la meritocrazia fatica ancora a farsi largo.
Le leggi che favoriscono ampiamente le generazioni più anziane dell’Italia complicano la situazione. Più di ogni altro Paese in Europa, la spesa pubblica italiana è sproporzionatamente sbilanciata verso gli anziani, con il 14% del suo prodotto interno lordo e il 57% di tutta la spesa sociale destinata alle pensioni. Il Paese vive anche una divisione generazionale nel mercato del lavoro. Una legislazione sulla sicurezza del lavoro ben intenzionata significa che le generazioni più anziane sono in grado di mantenere gli stessi posti di lavoro fino ai sessant’anni, mentre i giovani si affrettano per un numero limitato di contratti a breve termine.